Figli di ‘ndrangheta: il diritto all’Esistenza

catalanotiziana600di Tiziana Catalano* - In questi ultimi anni si stanno tracciando le orme della tanto sognata rivoluzione culturale ed antropologica.

Parte dal Sud la forza del riscatto e l'impeto della libertà.

Questa volta è lo Stato che decide di dare forza e anima al diritto di vivere, di scegliere, di crescere.

Stiamo parlando della libertà di vivere che il Tribunale di Reggio Calabria attraverso il suo Presidente dott. Roberto Di Bella sta restituendo alle generazioni future, proprio quelle generazioni che sono nate all'interno della fitta rete di famiglie coercitive, fataliste che non lasciano spazio a destini diversi: le famiglie di 'ndrangheta.

Possiamo fare innumerevoli riferimenti all'importanza dei processi psicologici fondamentali e indispensabili per un sano sviluppo dell'io.

Possiamo fare innumerevoli riferimenti alla difficile impresa di essere genitori accompagnando i propri figli nella crescita, guidandoli senza soffocare i loro desideri, le loro attitudini, lasciandoli liberi di esplorare le loro reali aspirazioni e renderli persone quanto più possibili vicini ad una felice realizzazione e maturazione del proprio sé.

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Processi indispensabili per una sana crescita e all'interno dei quali tutte le componenti sociali, educative e familiari fanno la loro parte contribuendo a formare quel bagaglio esperienziale, culturale e relazionale che insieme alla peculiarità di ciascuno ci darà il futuro adulto che mira ad una sua piena integrazione nel sistema sociale.

Come possono,quindi, essere realizzati tutte le dinamiche che abbiamo sopracitato, quali aspettative di realizzazione socio-lavorativa possono avere i giovani che sin dalla tenera età vengono inseriti, senza alcuna possibilità di scelta e crescita libera atta ad esplorare il mondo, nella particolare "azienda di famiglia"?

Figli d'arte obbligati;

Apprendisti vincolati.

E cosa dire dell'essere necessariamente indottrinati sin da piccoli contro qualcosa che gli stimoli esterni ci indicano come ciò di cui facciamo parte e dobbiamo tendere a migliorarlo: lo Stato in cui viviamo.

Come possiamo pensare di poterci sentire realizzati e non emarginati per sempre nella lotta, nella sofferenza per l'esistenza che non abbiamo scelto?

Ecco è proprio di questo che da psicologa da anni mi occupo, il dover conciliare gli assunti di base della mia disciplina per il cosiddetto "sano e armonioso sviluppo psico-fisico" e la realtà in cui vivono molti giovani del Sud. I modelli educativi della 'ndrangheta stravolgono

tutti i parametri utilizzati per definire le competenze genitoriali, i modelli familiari si intrecciano con modelli antisociali dove lo stato diventa il nemico da tatuare sotto i piedi per poterlo calpestare ad ogni passo.

Il Presidente dott. Roberto Di Bella ha deciso di restituire un'esistenza libera, dai vincoli determinati dal destino di nascere in un contesto di 'ndrangheta, a tutti i giovani e insieme a lui i tecnici del diritto e della psicologia hanno affrontato questa sfida.

Personalmente, sapersi muovere tra sottile filo dei diritti inalienabili dei fanciulli, sanciti dalla Dichiarazione dei diritti del fanciullo dall'ONU, per citarne una delle più famose, e il diritto agli affetti e alla propria famiglia naturale non è impresa etica di poco conto, proprio per questo ogni allontanamento dal contesto deve essere sempre accompagnato da azioni personalizzate al caso, ponderate, analizzate. Ma se la famiglia non risponde più alle esigenze dei propri componenti, a maggior ragione tutelando i minori, ma è a sua volta compressa, stritolata, impregnata di valori di tipo gruppale dove ognuno viene coinvolto in gravi fatti criminosi sin dalla più tenera età o deve essere sacrificato fino anche a rischiare di perdere la propria vita per l'interesse supremo del clan, allora nulla di ciò che di solito ci orienta nelle analisi delle affettività ci può aiutare.

Non a caso dopo gli interventi del Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria molte madri hanno accolto questo aiuto con un altro urlo di libertà ringraziando per aver liberato i loro figli da destini feroci, fatti di duro carcere o di azioni efferate o addirittura da morte certa e hanno seguito i loro figli liberandosi a loro volta da questa prigione esistenziale che fino a poco tempo fa sembrava indissolubile.

Tale processo riesce a trascinare in un circuito virtuoso l'intero nucleo familiare, tutti i componenti, anche le figure di riferimento maschili si rielaborano in meccanismi sociali diversi. L'intero nucleo proprio attraverso i minori sperimenta nuove formule di coesione familiare e sociale.

Nessuno può pensare di dire che togliere dei minori da queste logiche può essere toglierli dagli affetti, infatti in tutti i casi sono provvedimenti circoscritti e temporanei e non si recidono mai i legami familiari ma si dà loro la possibilità di scegliere, di scoprire che il mondo è altro, che possono come tutti i giovani esplorare le loro aspirazioni, le loro attitudini, scegliersi l'uomo o la donna della loro vita senza vincoli.

Lo psicologo ha il dovere di aiutare il prossimo a trovare il benessere psico-fisico in una crescita che sviluppi al meglio la personalità di ciascuno, fino a raggiungere una piena auto-realizzazione.

Dare questa possibilità a tutti a volte richiede il coraggio di spezzare meccanismi sociali che ledono fortemente i diritti umani e in questo caso, addirittura, i diritti fondamentali dei minori.

*Psicologa - già Giudice Onorario Tribunale per i Minori e Corte d'Appello R.C. - Consulente d'Ufficio Procure e Tribunali Reggio Calabria e Napoli