“Caso Miramare”: l’imbarazzante deposizione di Angela Marcianò

deposizionemarcianodi Claudio Cordova - In scena la pochezza, l'approssimazione, l'inadeguatezza. Si sorride amaramente in aula. Si sorride perché, oggettivamente, quanto emerge nel processo per il cosiddetto "Caso Miramare" è grottesco. Ma lo si fa con amarezza, perché i protagonisti sono soggetti che hanno amministrato, amministrano e vorrebbero amministrare la Cosa Pubblica a Reggio Calabria.

Era stata una facilissima profezia quella che su queste colonne preannunciava stracci in volo tra l'ex assessore Angela Marcianò (già condannata in primo grado a un anno di reclusione) e il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, nell'ambito del processo sull'affidamento diretto della storica struttura all'associazione "Il Sottoscala" di Paolo Zagarella, amico storico del sindaco Falcomatà.

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Ed effettivamente la deposizione della Marcianò è tragicomica, uno dei punti più bassi della storia giudiziaria reggina.

Non facile per il pm Walter Ignazitto che rappresenta l'accusa rimanere ancorato ai fatti, gli unici che dovrebbero entrare in un'aula di tribunale. Tra chat, emoticon, nomignoli e altre piccolezze, la deposizione della Marcianò sembra più orientata a riabilitare se stessa, che non a fornire un contributo alla verità. La giuslavorista, infatti, racconta del proprio ingresso in Giunta, nel novembre 2014, autoincensando il proprio operato da assessore ai Lavori Pubblici: "Con Falcomatà ci furono sempre scontri. Non fu sostenuta, per esempio, la rotazione dei dirigenti, che io volevo e che andò in porto solo in parte. I contrasti dovuti probabilmente alla mia presenza ingombrante".

Al centro del processo, la delibera della Giunta comunale con cui l'Amministrazione affidava all'imprenditore Paolo Zagarella, titolare dell'associazione "Il sottoscala", la gestione temporanea del noto albergo Miramare, da tempo chiuso. L'affidamento della gestione della struttura di pregio, notissima in città, sarebbe avvenuto in maniera diretta a Zagarella: questi, infatti, è uno storico amico del sindaco Falcomatà e gli avrebbe anche concesso, in forma gratuita, i locali che avevano ospitato la segreteria politica nella campagna elettorale che porterà l'attuale primo cittadino alla schiacciante vittoria sul centrodestra nella corsa verso Palazzo San Giorgio. Una delibera, quella del luglio 2015, che sarebbe stata approvata a maggioranza con l'assenza dell'allora assessore, Mattia Neto, che infatti non verrà coinvolta nell'inchiesta del pm Walter Ignazitto. La Marcianò è stata l'unica tra le persone coinvolte a scegliere il rito abbreviato, mentre il resto della Giunta ha optato, compatta, per il dibattimento tuttora in corso. Oltre a Falcomatà sono imputati anche il segretario generale del Comune, Giovanna Acquaviva, l'ex dirigente Maria Luisa Spano', gli assessori Saverio Anghelone, Armando Neri (vicesindaco in carica), Patrizia Nardi, Giuseppe Marino, Giovanni Muraca, Antonino Zimbalatti e l'ex assessore Agata Quattrone.

Marcianò ripercorre le vicende relative alla famosa delibera del 16 luglio 2015, con cui la Giunta Falcomatà assegnò l'utilizzo esclusivo alla sconosciuta associazione di Zagarella. Non di certo una scelta illuminata per il sindaco che, già in campagna elettorale, si era discostato dalla linea delle amministrazioni di centrodestra e della triade commissariale, che volevano vendere uno dei "gioielli di famiglia" della città. A suo dire, Marcianò avrebbe fin da subito fatto notare che la delibera fosse un affidamento diretto, peraltro nemmeno proposto dall'assessore al ramo. In un articolo del disciplinare, inoltre, veniva inserita la possibilità per Zagarella di fare attività lucrativa, attraverso la vendita di biglietti.

Giusto per continuare la notoria attività di Zagarella di organizzatore di eventi cult per la "Reggio Bene".

I tanti passaggi inverosimili nel racconto della Marcianò iniziano con l'affermazione della stessa circa il fatto che avrebbe saputo della riconducibilità dell'associazione "Il Sottoscala" a Zagarella solo una decina di giorni dopo, per via del chiacchiericcio di alcuni consiglieri: "Mi dissero che la compagna di Zagarella si era candidata con Falcomatà" afferma in aula la giuslavorista venuta da Marte. Alla riunione di Giunta del 16 luglio, a causa di una serie di ritardi, la Marcianò non partecipa. A quella successiva, del 27 luglio, sempre a suo dire, solleva una serie di questioni gravi: "Dissi al sindaco che era un palese abuso d'ufficio e che era necessario un bando di evidenza pubblica e lui mi rispose di stare zitta e di non essere in grado di fare l'assessore se non capace di assumermi le mie responsabilità".

Un dissenso, beninteso, mai manifestato in Giunta, ma con alcune pec, concordate con l'ingegnere Marcello Romano (collaboratore ai Lavori Pubblici) e inviate al segretario comunale Acquaviva: "Nel frattempo – prosegue Marcianò – appresi che qualcuno aveva già accesso ai locali del Miramare, già a inizio luglio". Dalle interlocuzioni con la Acquaviva nasce un confronto per modificare la delibera, che, però, si rifiuta: "Si rifiuta di apporre le modifiche – dice ancora Marcianò – e io immagino che non prendesse da sola le decisioni, ma lei non me l'ha riferito".

In tutto il discorso, mai, viene solo sollevata la possibilità di dimettersi, vista la disapprovazione dell'attività del sindaco Falcomatà e dei suoi fedelissimi.

La sagra dell'inverosimile prosegue quando la co-imputata di Falcomatà & Co. afferma – tra l'incredulità di tutti, Tribunale compreso – di essersi nuovamente interessata alla vicenda dopo la sua rimozione da assessore, avvenuta nel luglio 2017 (due anni dopo i fatti) e di non aver mai più parlato con nessuno del "Caso Miramare".

Eppure quei mesi avevano profondamente segnato il mandato della Giunta Falcomatà, con il sindaco costretto a indire una conferenza stampa per chiarire la vicenda, dopo essere stato imboccato dall'ingegnere Romano, su cosa dire e cosa non dire: "Non fui io a chiedere a Romano di mandare gli appunti a Falcomatà prima della conferenza" spiega Marcianò, anche se le chat farebbero pensare ad altro.

Già, le chat.

Più che sugli atti, sulle interlocuzioni, sulle dinamiche politiche e amministrative, la deposizione della Marcianò si sofferma soprattutto sulle riproduzioni (cosiddetti screenshot) forniti all'accusa. La parola chat è, probabilmente, la più utilizzata nelle cinque ore circa di esame da parte del pm Ignazitto. Addirittura, si arriverà a dover analizzare e spiegare il significato delle emoticon, le cosiddette "faccine" che si possono utilizzare su Whatsapp, per alcuni più utilizzate delle parole stesse. Sì, perché la stragrande maggioranza dell'attività posta in essere dalla Giunta Falcomatà avveniva sull'applicazione di messaggistica: si va dalle convocazioni della Giunta Comunale, alla richiesta di dimissioni, alle polemiche interne, ma anche al sostegno al sindaco prima, durante e dopo la conferenza di chiarimenti (???) sul "Caso Miramare". Persino la segretaria comunale Acquaviva, a una pec della Marcianò risponde con un messaggio su Whatsapp.

Da restare senza parole. Fortunatamente, ci sono le emoticon...