25 anni dopo l'uccisione dei carabinieri Fava e Garofalo, il comandante dell'Arma: "Hanno voluto colpire lo Stato"

commemorazionefavaegarofalo"Attraverso l'assassinio di due "semplici" Carabinieri, si e' voluto colpire lo Stato". Lo ha affermato il comandante generale dei Carabinieri, Giovanni Nistri, oggi a Reggio Calabria per la commemorazione del 25 anniversario dell'omicidio dei due carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, medaglie d'oro al valor militare.

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La giornata e' iniziata con la deposizione di una corona al monumento in memoria delle due vittime, sull'autostrada A2 nei pressi dello svincolo di Scilla. Poi nel duomo di Reggio Calabria l'arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini ha celebrato la funzione religiosa. Infine presso la scuola allievi di Reggio Calabria, intitolata a Fava e Garofalo, si e' tenuto un incontro dal tema "La "strage di Scilla" e gli attuali sviluppi giudiziari".

Attualmente, infatti, come riporta l'Agi, e' ancora in corso il processo scaturito dall'indagine "'Ndrangheta stragista" sui presunti mandanti della strategia dell'attacco allo Stato, in un perverso accordo tra mafia e 'ndrangheta. "Chiunque indossi questa divisa - ha affermato il generale Nistri rivolto agli allievi carabinieri - deve sempre avere presente che non rappresenta solo se stesso, rappresenta lo Stato, la collettivita', la comunita' e pertanto si deve comportare come si deve comportare un rappresentante dello Stato, non per il proprio tornaconto ma per un bene superiore. In quegli anni ancora non compiutamente esplorati e non compiutamente disegnati - ha aggiunto il comandante generale dell'Arma - quando si e' deciso di attaccare lo Stato, come a livello giudiziario si sta affermando, si e' attaccata l'Arma dei Carabinieri come rappresentanza dello Stato. Quell'attacco non ha colpito solo una istituzione in quanto rappresentanza dello Stato, ma anche un'altra istituzione ancora piu' fermamente nazionale, ha colpito l'istituzione famiglia". Infine il generale ha rivolto un ringraziamento alle famiglie dei due caduti, in particolare alle vedove: "perche' voi nonostante tutto avete continuato a credere nella famiglia, nell'Arma, nello Stato, avete continuato a credere in un momento nel quale e' facile non credere piu' e dissacrare". 

"L'attacco allo Stato in Sicilia e Calabria, Roma, Firenze e Milano, fino al progettato e non eseguito per cause fortuite, attentato contro i carabinieri di servizio allo stadio Olimpico del 1994, era in atto perche' qualcuno voleva mettere lo Stato in ginocchio. Un disegno eversivo gia' avvalorato dai giudici di merito in cui si riconosce che l'assalto ai carabinieri in Calabria altro non era che un tassello della stagione delle stragi, frutto di una visione comune di Cosa Nostra e ndrangheta, che avevano tentato anche di coinvolgere la camorra". Lo ha detto il Procuratore capo della Dda, Giovanni Bombardieri, intervenendo per ricordare, nel corso di una cerimonia alla scuola allievi carabinieri, l'omicidio dell'appuntato Antonino Fava e del carabiniere Vincenzo Garofalo, a 25 anni dall'agguato perpetrato da un commando della ndrangheta nei pressi dello svincolo di Scilla dell'autostrada Salerno Reggio Calabria. Bombardieri, ha ricordato il processo in Corte d'Assise con imputati Rocco Santo Filippone e Giuseppe Graviano.

"I patti scellerati tra Cosa Nostra e 'ndrangheta sono innumerevoli e risalgono nel corso di decenni come dimostrano le indagini di polizia giudiziaria e le sentenze", ha detto il Procuratore generale di Reggio Calabria Bernardo Petralia, che ha aggiunto: "Le indagini non finiscono mai, vi e' la necessita' di accertare compiutamente i vari livelli di responsabilita' di chi si e' macchiato di cosi' barbari delitti. Si tratta di fare emergere - ha aggiunto Petralia - anche connivenze e responsabilita' non espressamente penali, dentro uno scenario vasto, su cui continueremo a lavorare affinche' l'attacco allo Stato attraverso gli attentati ai suoi uomini in divisa trovi adeguata risposta di giustizia".