"Saggio Compagno": oltre un secolo di carcere sulle cosche di Cinquefrondi e Anoia

palmitribunale 500Oltre un secolo di carcere per i 15 imputati del processo, svoltosi con il rito ordinario, nato dall' operazione "Saggio Compagno" condotta contro i clan della Piana di Gioia Tauro. Il Tribunale di Palmi, Grillone presidente, ha condannato 15 persone, ritenute dalla Dda reggina, affiliate o contigue alle "locali" di Cinquefrondi e Anoia e nello specifico delle famiglie Petullà, Ladini e Foriglio che ormai da decenni "schiacciano" i due piccoli centri della Piana. Accolte quasi tutte le richieste invocate dal pm antimafia Adriana Sciglio. Due sole le assoluzioni ossia quelle disposte per Michelangelo Cartolano e Vincenzo Zangari. Le pene comminate dal Collegio oscillano dai 18 anni, come quelli rimediati da Costantino Tripodi, ai due anni e 11 mesi inflitti a Maria Polisina Bruzzese che contestualmente è stata scarcerata. Gli imputati erano accusati, a vario titolo, di una serie di accuse che andavano dall'associazione mafiosa al porto e detenzione di armi da guerra e comuni da sparo, ricettazione, rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio, favoreggiamento personale, traffico e detenzione illeciti di sostanze, estorsione, furto, spendita e introduzione nello Stato di monete falsificate, danneggiamento seguito da incendio, reati tutti aggravati dall'aver agevolato la 'ndrangheta. L'inchiesta si chiama "Saggio compagno", poiché trae origine dall'appellativo con cui il principale indagato, Giuseppe Landini,non imputato in questo troncone, si rivolgeva a quello che per la Dda era il suo fidato sodale, Leonardo Tigani. L'indagine, coordinata dai Carabinieri, è stata avviata nel novembre del 2013 dalla Compagnia di Taurianova, sulla base di alcuni sviluppi dell'operazione "Vittorio Veneto", conclusa nell'estate dello stesso anno, che già a suo tempo aveva visto coinvolte otto persone persone ritenute responsabili di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e violazioni in materia di armi. Tra questi figurava anche Rocco Francesco Ieranò, cl. '72, personaggio di «indiscussa valenza nell'ambito della 'ndrangheta cinquefrondese (cui era attribuita la carica del "Vangelo"), che dopo aver inizialmente tentato invano di sottrarsi alla cattura nell'estate 2013, aveva poi intrapreso anche un percorso di collaborazione con la giustizia». È proprio grazie alle sue dichiarazioni che la Dda dello Stretto ha potuto, presumibilmente, ricostruire cariche, ruoli, competenze e affari della 'ndrina. « Se non ci fosse stato Rocco Francesco Ieranò a svelare l'organigramma della cosca, permettendo lo sviluppo di specifiche attività tecniche come intercettazioni telefoniche e ambientali non saremmo mai arrivati a questo risultato», disse all'epoca in conferenza stampa l'allora procuratore Federico De Raho, adesso capo della Direzione nazionale Antimafia. Ma non solo Ieranò, l'accusa aveva in mano anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Lorenzo Bruzzese e Raffaele Moscato, "pentito" dei clan del Vibonese.

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Nel dettaglio la sentenza emessa dal Tribunale di Palmi:

Giuseppe Bruzzese 9 anni

Maria Polsina Bruzzese 2 e 11 mesi (scarcerata)

Raffaele Bruzzese 9 anni

Serafino Bruzzese 9 anni,

Michelangelo Cartolano, assolto

Ettore Crea 4 anni e sei mesi

Raffaele Giovinazzo 9 anni

Francesco Longordo 5 anni e sei mesi

Antonio Napoli 10 anni

Domenico Papalia 3 anni

Renato Petullà 15 anni,

Antonio Raco 10 anni e 6 mesi

Leonardo Tigani 13 anni

Costantino Tripodi 18 anni

Antonio Valerioti 9 anni

Antonio Zangari 12 anni

Vincenzo Zangari, assolto