Riace, incredulità e sconforto nel paese di Mimmo Lucano

riace nuovaRiace al primo impatto sembra un paese fantasma il giorno dopo la decisione del Tribunale del riesame che ha revocato i domiciliari al sindaco Domenico Lucano imponendogli pero' il divieto di dimora. Tra i rifugiati, ma anche tra tanti riacesi, i sentimenti dominanti sono lo sconcerto, l'incredulita' ma anche la rabbia. Per molti la vicenda giudiziaria di "papa' Mimmo", come viene chiamato qua Lucano, e' destinata a segnare in negativo il futuro dell'esperienza Riace. Un sentimento provato non solo dai migranti, che vedono a rischio la loro permanenza, ma anche dagli stessi riacesi, molti dei quali sono impiegati nelle botteghe artigiane aperte per favorire l'integrazione. Botteghe che sono chiuse dall'agosto scorso per il mancato invio dei fondi ministeriali, il cui inizio risale a due anni fa. Oggi alcune botteghe sono aperte, ma solo per far vedere ai giornalisti cosa vuol dire l'integrazione a Riace. Botteghe in cui lavorano fianco a fianco riacesi, tanti dei rifugiati che sono passati da qua e quelli che vi si sono stabiliti.

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Non riesce a trattenere le lacrime e scoppia in un pianto dirotto Irene, la ragazza di Riace che da dieci anni gestisce una vetreria insieme ad alcuni rifugiati di varie nazionalita', parlando del sindaco Domenico Lucano. "Da agosto tutti i laboratori sono chiusi - spiega - per la mancanza dei fondi. Adesso non sappiamo che cosa succedera'. Il lavoro era tutta la mia vita. E ora con questa situazione non so cosa potra' succedere". Sulla vicenda giudiziaria Irene commenta: "non e' possibile, una persona innocente trattata cosi'". Accanto a lei c'e' Rauda, una ragazza somala che lavorava nel laboratorio. "Mi piaceva stare qui - dice anche lei con gli occhi gonfi di lacrime - e sono molto triste, a questo punto non so se me ne andro'".

"Molti di quelli che in paese criticano Lucano sono solo dei falliti. Adesso lo dobbiamo dire, siamo molto arrabbiati". Antonio insegna ad un ragazzo del Kurdistan l'arte della lavorazione del legno. Ma dall'agosto scorso, anche la falegnameria e' chiusa per mancanza di fondi. E' arrabbiato il giovane riacese e non fa nulla per nasconderlo. "Siamo arrabbiati e delusi - dice - se non riprendiamo l'attivita', il paese non puo' riprendersi. Prima a Riace c'erano turisti, adesso non si vede nessuno. Con questa vicenda non sono soltanto i rifugiati ad essere danneggiati, ma anche noi. Il paese ormai e' vuoto e continuera' ad esserlo fino a quando non tornera' Lucano. Lui non e' solo il simbolo di accoglienza, ma ormai e' il simbolo stesso del paese".