“Ndrangheta stragista”, il pentito Palmeri di Alcamo: “I servizi segreti proposero a Cosa nostra di compiere stragi contro lo Stato"

Pentito500«Volevano che appoggiassimo una strategia per destabilizzare lo Stato anche attraverso armi batteriologiche. C'erano di mezzo i servizi segreti. Questi sono pazzi, vogliono fare cose da pazzi». Sono queste le parole che il boss di Alcamo Vincenzo Milazzo disse al suo autista, Armando Palmeri, oggi collaboratore di giustizia. Palmeri è stato chiamato a testimoniare stamani dal procuratore aggiunto reggino, Giuseppe Lombardo, durante l'udienza odierna del processo " 'ndrangheta stragista" che vede alla sbarra Giuseppe Graviano, boss del mandamento palermitano di Brancaccio e Rocco Filippone, di 77 anni, di Melicucco, indicato dagli inquirenti come esponente di spicco della potente cosca Piromalli di Gioia Tauro. Entrambi sono accusati di essere i mandanti degli agguati in cui morirono i carabinieri Antonio Fava e Giuseppe Garofalo e dei tentati omicidi dei carabinieri Vincenzo Pasqua, Silvio Ricciardo, Bartolomeo Musicò e Salvatore Serra, eseguiti da due giovanissimi killer della cosca di 'ndrangheta dei Lo Giudice, Giuseppe Calabrò e Consolato Villani. Stando a quanto riferito oggi dinanzi la corte d'Assise, presieduta da Ornella Pastore, il collaboratore ha confermato che agli inizi degli anni Novanta "cosa nostra" stava mettendo in piedi una strategia criminale da compiere contro lo Stato. Alla domande del procuratore Lombardo sui motivi che lo hanno spinto a collaborare con gli inquirenti Palmeri ha riferito di aver deciso di "abbandonare" la mafia perché «ripudiavo ormai la metodologia di "cosa nostra". Quella non era più mafia, la mafia non uccide donne e bambini. Avevo un forte ripudio».

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Da fedelissimo del boss di Alcamo, Milazzo apprende una delle circostanze più "preziose" sia per la procure siciliane che per la Dda dello Stretto: c'erano incontri e alleanza tra i boss di "cosa nostra" ed esponenti dei servizi segreti. È stato proprio lo stesso Palmeri ad aver accompagnato Milazzo a tre incontri in cui si discusse dell'ipotesi di compiere degli attentati contro uomini e apparati statali. Il primo avvenne agli inizi del 1992. Stando al racconto di Palmeri a presentare i due uomini dei servizi segreti al capomafia Milazzo sarebbe stato «il dottore Baldessarrie Lauria» che per gli inquirenti sarebbe l'ex senatore di Forza Italia (poi transitato nell'Udeur). Medico ed ex senatore dal 1996 al 2001 sarebbe stato lui a «proporre questa guerra batteriologica. Al posto delle armi, delle bombe, Lauria propose questo. Milazzo uscì dal primo incontro sconvolto, mi disse che erano dei pazzi ed inoltre sapeva che sarebbe stato ucciso se non avesse acconsentito ad appoggiare questa strategia. In un primo momento Milazzo prese tempo, non disse né sì né no, un "nì" diciamo». Il boss di Alcamo era però, contrario alle stragi poiché riteneva «che avrebbero creato ancora più problemi a "cosa nostra». I suoi tentennamenti prima, e la sua opposizione alla strategia stragista poi, sarebbe stata pagata con la vita dallo stesso Milazzo, il 14 luglio 1992. Pochi giorni dopo venne uccisa persino la sua compagna, Antonella Bonomo che era incinta di tre mesi. «Ho sentito tante sciocchezze- ha riferito in aula Palmeri- sulla morte di Milazzo. C'era chi diceva che era stato ucciso perché aveva parlato male di Riina, di Provenzano; non erano però questi i motivi per cui fu ucciso. Venne ammazzato perché rifiutò la proposta di compiere le stragi. Anche io era diventato un bersaglio. Sono sfuggito- ha chiosato il collaboratore di giustizia- a decine di attentati. Mi sono salvato un po' per fortuna, un po' per abilità e anche perché sono un po' sensitivo».