Una intera famiglia ospitava Antonino Pesce, gli investigatori: "Abbiamo liberato Rosarno"

arrestopesceantonino conferenzadi Angela Panzera - C'era un'intera famiglia ad ospitare la latitanza del presunto boss Antonino Pesce, classe 1992. I poliziotti della Squadra Mobile della questura reggina lo hanno catturato questa notte all'interno di un appartamento ubicato nel rione popolare "Oreste Marinelli" alla periferia di Rosarno.

Al momento del blitz Pesce stava dormendo e meravigliatosi di essere catturato non ha opposto alcuna resistenza e si è consegnato agli agenti della Polizia che lo stavano cercando dal 4 aprile dello scorso anno quando si è sottratto all'esecuzione del decreto di fermo emesso dalla Dda reggina che ha portato all'operazione "Recherche"; operazione condotta contro presunti affiliati e prestanomi della cosca Pesce di Rosarno ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, illecita concorrenza con minaccia o violenza, intestazione fittizia di beni, traffico e cessione di sostanze stupefacenti, reati tutti aggravati dalla circostanza di aver agevolato un'organizzazione criminale aderente alla 'ndrangheta e del favoreggiamento personale nei confronti del boss latitante Marcello Pesce, alias "u ballerinu" arrestato il primo dicembre 2016. Al momento risultano essere al vaglio della Procura di Palmi le posizioni di questa famiglia, composta da madre, padre e due figli entrambi maggiorenni, parenti del presunto boss, che hanno permesso ad Antonino Pesce di rimanere latitante. È stato grazie ad una telecamera, piazzata proprio nei pressi di questa palazzina popolare, che gli investigatori hanno visto "in diretta" l'arrivo in auto di Antonino Pesce che poco prima andava in giro indisturbato per le vie di Rosarno, ritenuta da sempre roccaforte della cosca Pesce.

"Questa operazione - ha affermato in conferenza stampa Roberto Pellicone, vice questore vicario, conferma lo speciale impegno che la Squadra mobile della Questura mette in campo per la cattura dei latitanti e per il contrasto della criminalità organizzata".

Antonino Pesce non è uno qualsiasi. È figlio del boss Vincenzo classe 1959, alias " U pacciu", ed è ritenuto dalla Dda dello Stretto- guidata dal procuratore vicario Gaetano Paci- uno dei capi dell'omonima 'ndrina con compiti di decisione, pianificazione e di individuazione delle azioni da compiere, degli obiettivi da perseguire, delle attività economiche da avviare ed attraverso cui riciclare il denaro. Insieme al fratello Savino, classe 1989, impartiva ordini e direttive alla cosca, facendo leva proprio sullo spessore criminale del padre, riconosciuto dagli altri esponenti di vertice della cosca ossia Marcello e Antonino Pesce, classe 1982, con i quali trattava la ripartizione delle zone d'influenza e dei proventi del mercato del trasporto merci su gomma per conto terzi.

"Con la sua cattura- ha affermato soddisfatto Francesco Rattà, capo della Squadra mobile, abbiamo chiuso il cerchio sui latitanti della cosca Pesce, indagini delicatissime affidateci dalla Procura antimafia. Antonino Pesce era infatti, l'ultimo latitante della famiglia Pesce ancora in circolazione. Abbiamo messo in capo una serie di attività investigative che ci hanno permesso- ha concluso Rattà- di trovare la giusta pista per assicurarlo alla giustizia. Soddisfazione espressa anche da Fabio Amore, dirigente della prima sezione della Mobile che con i suoi uomini ha curato la cattura di Pesce. "Il suo arresto- ha dichiarato Amore- è il coronamento dell'operazione "Recherche". Con la sua cattura abbiamo liberato il territorio di Rosarno da un boss di spicco ed un elemento criminale di peso". Molto importante è stata infatti, l'operazione "Recherche" che da un lato ha fatto luce sul monopolio della cosca PeSce nell'esercizio del trasporto delle merci su gomma nel territorio di Rosarno, e dall'altro ha assicurato alla giustizia uno dei più importanti capi della cosca i suoi fiancheggiatori. L'inchiesta ha messo proprio in evidenza l'attualità del potere criminale assunto dai fratelli Savino (attualmente detenuto) e Antonino, catturato oggi, il cui carisma e potere intimidatorio induceva alcuni trasportatori della zona di Rosarno a cedere a soggetti di loro fiducia alcuni servizi di trasporto di merci su gomma (prodotti agrumicoli, kiwi ed altra merce), facendo prevalere il criterio dell'influenza sulla parte del territorio in cui avevano sede le aziende di settore, ricadenti sotto il loro controllo criminale già esercitato dal padre Vincenzo. Adesso anche per Antonino Pesce si sono aperte le porte del carcere.