La “Calabria Malata” dell’ex commissario al Piano di rientro Scura

calabriamalata600di Mario Meliadò - «Siete proprio convinti di trovare direttori generali in grado di venire in Calabria?». L'interrogativo di fondo formulato dall'ex commissario governativo per il Piano di rientro dal maxidebito in Sanità della Regione Calabria Massimo Scura nel suo recentissimo volume Calabria Malata. Sanità, l'altra 'ndrangheta - dato alle stampe per i tipi di Pellegrini Editore e in presentazione a Cosenza nel pomeriggio di venerdì 17 magggio –, che di fatto chiude un testo dolorosamente autobiografico e collettivo a un tempo ed emblematicamente dedicato «alle calabresi e ai calabresi», trova le sue radici nell'annuncio del successore di Scura, il generale Saverio Cotticelli, di voler attribuire l'incarico di top manager e/o commissario nelle Aziende ospedaliere e sanitarie dei cinque territori provinciali calabresi esclusivamente a soggetti in arrivo «da fuori regione». Epperò, Scura motiva così la propria perplessità al riguardo, nella già citata missiva al Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte: «Qui i problemi sono prima di tutto di natura etica, poi culturale e solo dopo organizzativi», mentre d'altro canto «incentivare i direttori generali economicamente significa trasformarli in mercenari – argomenta l'ex sindaco di Alfedena, il paese dell'Aquilano di cui è originaria la madre , che ha amministrato per due mandati dopo essersi candidato «su invito di un gruppo di giovani» –, non in leader che hanno a cuore i problemi di una terra non loro».

Del resto è vero pure che Massimo Scura (che il 14 aprile scorso «ha festeggiato i 50 anni di lavoro», s'apprende da preziose note biografiche) ha raccolto, nel periodo vissuto da commissario (marzo 2015 – dicembre 2018) contrarietà e riprovazione diremmo "trasversali".

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E oltre agli imbufaliti (giustamente, aggiungiamo noi...) degenti e utenti a vario titolo del Sistema sanitario regionale calabrese, i detrattori più potenti (nelle varie accezioni di questo termine) sono stati certamente i titolari delle cliniche private e degli istituti diagnostici accreditati. Cioè quei «privati» che, sentenzia l'autore fin dalla 'quarta' di copertina del suo saggio-verità, la quale peraltro "saccheggia" abbondantemente l'introduzione al volume, «quando si sentono minacciati, si rivolgono alla politica o addirittura alle Istituzioni. Anche la Chiesa – attacca Massimo Scura "dritto per dritto" – è poco attenta a non esporsi in affari non sempre trasparenti». E d'altro canto i funzionari delle Asp, ragiona l'ex commissario, «sono spesso tacciati d'essere conniventi» proprio con gli imprenditori privati che lucrano nel settore...

E i media? «Manca l'amore per la ricerca della verità», bacchetta indirettamente anche la stampa il "Premio Qualità della Pubblica amministrazione" 2008.

"Oh, non se ne salva uno!", sembra già di sentir commentare il calabrese medio.

...Ma lo Scura "autore" parte da molto molto prima, nella descrizione del suo «amore per la Calabria»: a iniziare dall'infanzia nel cuore della Calabria arbresh, a Vaccarizzo Albanese da «nonna Marietta» – madre del papà di Massimo Scura e d'altri sette figli, col suo pane fragrante e le gustose gabmarite –, a dispetto del successivo trasferimento nel Vercellese, a Borgosesia.

E poi gli zii di Rossano e di Corigliano (oggi, la stessa città...), e i viaggi in treno da solo (a 10 anni...) a Roma e Milano, e il nonno Gennaro fondatore col fratello delle autolinee Scura appunto (oggi Ias), e i viaggi col nonno cosentino su cantieri come la diga sul Crati, l'acquedotto di Frascineto...

La fase più sapida delle "memorie" di Massimo Scura attengono però appunto al periodo da commissario per la Sanità calabrese, a partire dalla sua nomina. E il neoPresidente della Regione, Mario Oliverio? Le sue urla «si sentivano a distanza di cento metri».

Ma le 'chicche' sulla situazione riscontrata nella Calabria "sanitaria", alquanto inevitabilmente, sono tante.

Dalla Fondazione "Campanella" per il Polo oncologico (connotata da «una gestione probabilmente non impeccabile») alle tante scelte «chiaramente indirizzate a favorire amici e clienti a danno della comunità», in una Calabria in cui «l'approccio clientelare è patologico». Ecco perché, secondo l'autore-testimone, esiste «un'altra 'ndrangheta»: questa forma raffinatissima di metastasi «s'è insinuata nel tessuto della Sanità, paralizzandone i centri nervosi preposti al cambiamento». Mentre il «partito del non fare», annota nervosamente Scura, risulta «in servizio permanente ed effettivo».

E tra le 'chicche' svelate ai lettori di Calabria Malata, un posto speciale per forza di cose lo assume quell'autunno del 2016 in cui, dopo circa un anno di mandato commissariale, a Massimo Scura fu proposta la posizione da subcommissario alla Regione Lazio (commissario era il Governatore laziale e oggi leader nazionale del Partito democratico Nicola Zingaretti). La sua famiglia sta a Varese, dunque oltre al prestigio dell'incarico ne sarebbe derivata un notevole avvicinamento a casa: ma «nonostante la forte pressione di chi mi aveva chiamato in Calabria, non ho accettato», fa presente Scura. E questo perché «a me interessa la Calabria, terra di mio padre»: un luogo in cui operare con una «passione» considerata dall'interessato un elemento-chiave insieme a competenza personale e rispetto della legalità.

E l'operato dell'autore, sì, di Massimo Scura per far riemergere dalle secche la sgarrupata macchina della Sanità calabra? Secondo chi firma il volume, a dispetto dei (numerosi) detrattori, i dati parlano chiaro: i Lea (i livelli essenziali d'assistenza, cioè), che nel 2014 erano a 137 punti facendo della Calabria la "Cenerentola" d'Italia, sono risaliti a 147 (nel 2015), consentendo alla Regione di lasciare l'ultimo posto rimontando una posizione, mentre per il 2017 e il 2018 «il valore atteso supera di gran lunga la soglia dei 160 punti, considerata la sufficienza».

Invece Oliverio (ancòra lui!) insieme ai suoi sarebbe stato il protagonista assoluto di una tripla sciagura: aver mistificato gli orrori della storia recente dell'Istituzione regionale in Sanità, aver separato (anche fisicamente) il Dipartimento regionale Tutela della salute dagli uffici del Commissario governativo e, naturalmente, aver scelto l'«Aventino politico-istituzionale in Sanità» dopo la mancata nomina dello stesso Oliverio quale commissario governativo a dispetto della sintonia "cromatica" dell'allora governo Renzi, fino alla mozione 76 del 2016 con cui il 21 dicembre di quell'anno (per inciso, l'esecutivo guidato dall'ex sindaco di Firenze era caduto giusto 9 giorni prima... In un marasma politico-istituzionale micidiale, a Renzi succedeva l'ex ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, già assessore al Turismo quando sindaco di Roma era Francesco Rutelli e in atto presidente nazionale del Pd) praticamente l'intero Consiglio regionale, una volta tornate compatibili le figure di Presidente della Regione e di commissario governativo in Sanità, invocava tutte le iniziative utili a «sospendere scelte strategiche nelle attività della struttura commissariale» fino al pronunciamento del Consiglio dei ministri.

Che, però, fece nuovamente infuriare Mario Oliverio... E per certi versi, pure questo ci rammenta i connotati – fin troppo pubblici – di certi βίοι παράλλελοι (eh sì, in greco le "vite parallele" hanno genere maschile...), a voler proprio scomodare Plutarco.