"Contratti di affetto": i rapporti umani secondo Isidoro Malvarosa

contrattidiaffettodi Letizia Cuzzola - "Contratti di affetto", edito da Barometz, è il terzo lavoro del reggino Isidoro Malvarosa, un'opera in cui di certo ci sono soltanto la prefazione a cura di Gioacchino Criaco, la quarta di copertina a cura di Dario Brunori e le illustrazioni realizzate da Giulio Bonasera.

Monologo, soliloquio, versi in prosa, prosa in versi, romanzo, dialogo, raccolta di aforismi sono tutti termini con cui è possibile definire questo centinaio di pagine che scorrono sotto gli occhi del lettore, come una confezione di orsetti gommosi dai sapori diversi così le sfumature della scrittura del Malvarosa regalano sensazioni differenti, umorali, riflesso dei sentimenti contrastanti che il testo affronta e del suo stesso autore.

--banner--

«I rapporti umani andrebbero regolati da un contratto. Affitto in nero senza caparra, giusto un giorno di preavviso per levare le tende» è quel che tutti abbiamo pensato almeno una volta nella vita senza però avere il coraggio di dirlo. Isidoro ha il merito di aver affrontato il silenzio assenso che regola buona parte dei rapporti di coppia, quell'accumulo di non-detto che crea lasagne emotive che mandiamo giù e teniamo sullo stomaco: «Per convenienza, solidarietà, opportunità, necessità, generosità, amore universale. Io responsabile della tua vita e tu della mia». "Contratti di affetto" ci racconta questi strati di insofferenza che si calcificano fra l'abitudine e il tentativo di convincersi che la sofferenza sia «un lasciapassare, un viatico per un'esistenza migliore. Soffrire, redimersi, guarire», ci racconta, però, anche la 'guarigione' del protagonista: «Alcune cose le perdi per sempre. E quando vinci il male, perdi anche il bene che in esso era contenuto. Il modo in cui, da malato, vedevi le cose. Ogni mutamento di condizione ti porta via sempre qualcosa. Anche se cambi in meglio. Anche se fai il tuo dovere ed evolvi».

La vita quotidiana e l'amore che da reazione chimica diventa rendicontazione, costringe a fatturare in nero finché non si dichiara fallimento, tutti colpevoli, tutti innocenti nel non voler ammettere che, come la vita in sé, anche la vita a due andrebbe affrontata senza «Nessuna aspettativa, nessuna velleità di cambiare l'altro, nessuna pretesa, nessuna spasmodica ricerca di affinità politiche o compatibilità di gusti musicali e cinematografici», ricordando che, come Tolstoj amava ripetere, "se tu vuoi bene, vuoi bene a tutta la persona com'è e non come tu vuoi che sia". È il cambiamento del protagonista che smuove le acque, le agita fino a straripare verso la libertà, la libertà di essere se stesso e ammettere velatamente che nei rapporti «minimi e immorali» risiede l'essenza della sincerità con cui andrebbero affrontati i rapporti tutti, come «spettacoli senza replica: una volta sola, tutta d'un sorso e intera, e poi mai più nella vita»; quella stessa libertà di scelta quotidiana di amare qualcuno senza sentirsene prigioniero. A differenza di quanto si potrebbe pensare non c'è, però, un lieto fine: i tempi attuali non lo prevedono, persi ormai nel qui, ora e subito.

«È possibile fare l'amore mentre si scrive, ma non viceversa, è per questo che al sesso preferisco la scrittura». Nessuno di noi augura certo una vita di castità a Isidoro, ma speriamo continui a flirtare con la penna per ancora molti anni.