Giuseppe Falcomatà, la botte piena di vino che ora è aceto

falcomataspalledi Claudio Cordova - Facebook ha il difetto di porre sulla strada di ciascuno di noi un numero imprecisato di imbecilli. Ogni tanto, però, ci si imbatte in qualche genio: leggere, tra i commenti alla notizia dell'inchiesta della Procura di Reggio Calabria sulla Giunta Falcomatà, la frase dialettale "E n'atra butti si fici citu" dà il senso esatto dello stato d'animo di tanti reggini nei confronti del giovane sindaco.

"Un'altra botte (di vino, ndr) è diventata aceto".

Uno stato d'animo di profonda delusione, perché la città (o almeno chi non conosceva Giuseppe Falcomatà) aveva davvero sognato di cambiare pagina, dopo gli anni del "Modello Reggio", che avevano abituato i reggini a rapporti promiscui, clientele e vere e proprie illegalità da parte della politica comunale, sebbene qualcuno/a dei protagonisti, ancora oggi, provi a rifarsi una verginità sfruttando le proprie infinite relazioni cittadine.

Adesso Reggio Calabria vive un brusco ritorno alla realtà.

L'indagine sul caso Miramare, che tanto aveva fatto discutere nell'estate 2015, riporta agli anni che furono per la gestione disinvolta dell'azione amministrativa. Già in quel periodo, Il Dispaccio si poneva diversi interrogativi (leggi qui)  sull'assegnazione diretta dell'ex Hotel Miramare, struttura di grande pregio di proprietà dell'Amministrazione Comunale, alla associazione culturale Il Sottoscala, dell'amico di bordo piscina del sindaco Falcomatà, quel Paolo Zagarella che gli aveva anche fornito la sede per la segreteria utilizzata per la cavalcata verso Palazzo San Giorgio.

Dal bordo piscina al sottoscala, fino ad arrivare in Procura.

Il pm Walter Ignazitto è uno bravo: se indaga, significa che qualcosa di strano in quella procedura effettivamente può esserci. E tanto basta, per ora, per creare tanto, tantissimo, imbarazzo al sindaco Falcomatà, celebrato, anche da una certa stampa nazionale, come il sindaco della nuova legalità a Reggio Calabria e ora iscritto nel registro degli indagati insieme a numerosi tra i suoi assessori al tempo della delibera sul Miramare.

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Si tratta solo in un'indagine, nessuna condanna. Un'indagine su un caso tutto sommato piccolo, soprattutto se messo a confronto alle tante trame che ruotano attorno alla politica calabrese.

Ma il dato, più che giudiziario, al momento è sociale. Ciò che preoccupa, infatti, è l'impatto che l'inchiesta della Procura di Federico Cafiero De Raho ha sulla cittadinanza: la parte buona di Reggio Calabria sperava di non dover vedere più la casa comunale accostata alle indagini degli inquirenti. Su Falcomatà, i reggini avevano puntato tanto dopo lo sfascio causato dal centrodestra: i primi tre anni di Amministrazione, invece, si sono fin qui contrassegnati per immobilismo, risultati parziali, stucchevoli querelle politiche (vedasi caso Marcianò), inquietanti presenze come quella di Paolo Romeo e, adesso, anche per i primi problemi di natura giudiziaria.

E anche la recente nomina al vertice dell'Atam dell'avvocato Giuseppe Basile sembra almeno inopportuna, vista la candidatura (condita da oltre 400 preferenze) dello stesso Basile nei ranghi del Partito Democratico proprio nella tornata che ha incoronato Falcomatà a sindaco di Reggio Calabria. Una nomina che, secondo il centrodestra sarebbe illegittima ai sensi dello Statuto, ma che, stando a quanto si apprende, sarebbe stata possibile per via di una delibera amministrativa, preparata ad hoc, ma pur sempre di rango inferiore rispetto allo Statuto. A prescindere da tutto, una nomina che somiglia molto a una cambiale elettorale e che non innalza di certo il prestigio dell'istituzione comunale.

Cosa resta adesso?

Certamente l'inchiesta, che andrà avanti e che potrebbe non fermarsi al caso specifico, ma allargare il campo d'azione alla vita amministrativa degli ultimi tre anni e alle manovre che già sarebbero in atto per il futuro. Ma resta, soprattutto, un rapporto incrinato – forse in maniera insanabile – con un numero sempre crescente di cittadini. E le mosse del giovane sindaco e della sua maggioranza, non aiutano: la seduta del consiglio comunale di ieri, andata deserta proprio quando la città, attraverso siti e cartacei, aveva appreso da qualche ora dell'inchiesta, non è di certo un bel segnale.

Falcomatà per qualcuno (forse non per gli intenditori) sembrava davvero una botte piena di buon vino. Adesso, anche per gli astemi, però, appare come un vino andato velocemente a male. Come aceto, appunto.