Ecco cosa si nasconde dietro il ritiro delle deleghe all’assessore Angela Marcianò

renzifalcomata 500di Claudio Cordova - Dopo lo scoop di Piero Gaeta per Gazzetta del Sud, che ha svelato come il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, abbia, finalmente, palesato i propri attriti con l'assessore ai Lavori Pubblici, Angela Marcianò, ritirando le deleghe, c'è stato un getto continuo di opinioni, interventi, comunicati stampa. Gli unici a tacere sono proprio i protagonisti.

A cominciare dal primo cittadino che – qualora fosse effettivamente definitiva la rinuncia alla Marcianò – avrebbe scelto il metodo meno elegante per interrompere il rapporto fiduciario. Falcomatà – come si scriveva appena pochi giorni fa – avrebbe esercitato le proprie prerogative di sindaco, ma ora dovrebbe affrontare le conseguenze, in primis davanti alla città. Quelle davanti al suo partito, il Pd, invece, forse sta già iniziando ad affrontarle: l'intervento del vicesegretario nazionale, Lorenzo Guerini, non è un bel segnale per il primo cittadino, che è vero, viene legittimato nel proprio ruolo di sindaco, ma, sostanzialmente, viene abbandonato dai vertici del partito, nella scelta di defenestrare una fresca nominata nella segreteria nazionale.

E questo ha un significato politico da entrambe le parti.

Angela Marcianò, infatti, è stata scelta da Matteo Renzi in persona nell'organo nazionale del Pd. E, nelle concitate ore di sabato, è stato uno degli uomini più influenti tra i Democratici, Guerini appunto, a intervenire, di fatto, in difesa dell'assessore defenestrata. L'area Renzi, dunque, sembrerebbe essere tutta dalla parte della Marcianò. E allora, il dato consequenziale, pare essere questo: il Pd calabrese potrebbe avere imboccato una strada alternativa a quella del renzismo. Prova ne sia il silenzio dell'imbarazzante segretario regionale del Pd, Ernesto Magorno. Il Pd calabrese si è sforzato in questi anni di mostrarsi entusiasta della linea del segretario, ma le ultime decisioni romane potrebbero aver spostato irrimediabilmente l'asticella: tanto la scelta di non inserire Falcomatà in segreteria nazionale, quanto quella più recente di non affidare la sanità al governatore Mario Oliverio (a differenza di quanto è avvenuto in Campania, con Vincenzo De Luca), sembrano segnali chiarissimi.

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La revoca della Marcianò - al momento non smentita, ma nemmeno ufficializzata -  sarebbe quindi la risposta secondo la strategia di Falcomatà (anche se "strategia" e "Falcomatà" sono parole che non dovrebbero stare nella stessa frase).

Il pallino, però, ora dovrebbe passare proprio alla Marcianò. Ritenendoci ormai un po' tutti ampiamente informati della sua gravidanza e, come le auguriamo, della sua splendida futura maternità, ci interesserebbe sentire dalla sua viva voce quali sono, a suo dire, le motivazioni per le quali è stato interrotto quello che sarebbe stato un percorso virtuoso nel delicato settore dei lavori pubblici di Reggio Calabria. Ora Marcianò non può più nascondersi: se la sua presenza era di ostacolo a qualche progetto del sindaco, deve dire di cosa si tratti; se il suo assessorato ha bloccato torbide dinamiche e per questo è stato decapitato, deve dire di cosa si tratti; se vi sono delle diatribe di natura personale, con il sindaco o con qualche suo stretto collaboratore, deve dire di cosa si tratti.

Insomma, al pari di Falcomatà, dovrebbe spiegare.

Ma, soprattutto, Marcianò ha il pallino, perché ora con i propri comportamenti può sancire la definitiva frattura tra Falcomatà e Renzi, i cui rapporti sono incrinati già da mesi. Una mossa astuta, da parte dell'assessore defenestrata, sarebbe quella di rimettere la propria nomina in segreteria nazionale nelle mani del segretario: qualora l'ex presidente del consiglio dovesse invece confermarle la fiducia (come appare evidente), la figura di Falcomatà sarebbe totalmente distrutta a livello romano.

Il che, non solo frustrerebbe ogni velleità politica del sindaco per il Parlamento, ma aprirebbe scenari interessanti anche a livello locale. Se la revoca delle deleghe nei confronti della Marcianò la rende, al momento, amatissima dalla cittadinanza, Falcomatà potrebbe averla effettuata in tempi utili per azzoppare una eventuale avversaria quando, nel 2019, la città tornerà alle urne. Non è un mistero, infatti, che una candidatura a sindaco di Angela Marcianò sarebbe gradita in maniera trasversale: pescherebbe a destra (il marito ha fatto politica in quello schieramento), pescherebbe a sinistra, pescherebbe nel mondo accademico, in settori giudiziari e in ampie fette della cittadinanza, anche tra chi nel 2014 ha votato Falcomatà e adesso, in numero sempre crescente, ne è deluso. La revoca delle deleghe impedirebbe quindi alla Marcianò di arrivare all'appuntamento elettorale da assessore ai Lavori Pubblici e, fatta adesso, sebbene risulti bocciata dalla maggior parte della cittadinanza, per la tempistica "puzza" meno di manovra elettorale. Insomma, con una città in oggettive difficoltà, il Pd sembra aver imboccato la strada della lotta interna, dato che le elezioni nazionali sono distanti solo pochi mesi e quelle locali circa due anni.

E chissà che ruolo stanno giocando (o giocheranno) due che di manovre partitiche in Calabria, se ne intendono: Marco Minniti e Sebi Romeo...