Connivenza con la 'ndrangheta di Locri: indagato l'avvocato Pino Mammoliti

Toghe500di Claudio Cordova - Già con riferimento alle dinamiche politiche ed elettorali emergerà la figura dell'avvocato Pino Mammoliti. Questi è indagato nel procedimento contro le cosche del mandamento jonico della provincia di Reggio Calabria. Secondo la Dda di Reggio Calabria sarebbero emersi diversi tratti distintivi inerenti ai legami tra l'Avvocato Mammoliti e le due famiglie mafiose di Locri (RC). Sotto l'aspetto puramente associativo viene menzionato il racconto del collaboratore di giustizia Domenico Oppedisano, intraneo alla cosca Cordì, fino al momento del pentimento. Questi fa esplicito riferimento all'attività di favoreggiamento posta in essere dall'avvocato Mammoliti le nei confronti del trafficante Giuseppe Mollace: «... ADR: "Circa l'inserimento della famiglia Cordì nel traffico di sostanze stupefacenti posso dire che un soggetto molto attivo tale Giuseppe Mollace detto "Peppe"; lui è di Locri ha un fratello incensurato ed ha sposato la figlia di Cecè Futia, soggetto amico sia dei Cataldo che dei Cordì, Futia assomiglia a Pavarotti e fa l'imprenditore edile, ha anche un altro genero di San Luca – con un solo rene - coinvolto in vicende giudiziarie per traffico di sostanze stupefacenti. Questo Giuseppe Mollace era molto amico di Domenico Cordì figlio del "ragioniere", Totò Tallura l'imprenditore edile, con i Dieni, con gli altri Cordì e con l'Avv. Mammoliti. Ricordo, a proposito, che quando il Mollace è stato arrestato in alta Italia, Parma o Modena, ha esibito una carta di identità intestata all'Avv. Mammoliti con la fotografia di Mollace. Mi pare che questo fatto sia avvenuto dopo l'omicidio di mio fratello. Già prima dell'arresto si sapeva che Mollace – già latitante credo per traffico di droga - andava in giro con la Carta di Identità di Mammoliti, questo era noto all'interno della mia famiglia, si diceva che il Mollace potesse viaggiare nei paesi della Comunità Europea perché munito di questa Carta di Identità. Peraltro, il giorno dell'arresto di Mollace o il giorno dopo io e Mammoliti dovevamo pranzare con Cecè Futia a casa sua e in quella occasione l'Avv. Mammoliti ci disse che era stato sentito dai carabinieri ed aveva riferito loro che nei periodi in cui Mollace non era ricercato, frequentando casa sua si era appropriato di questa carta di identità senza che lui se ne accorgesse. Credo che l'Avv. Mammoliti non avesse denunciato lo smarrimento o il furto di questa carta di identità, infatti ci disse che aveva detto ai Carabinieri che non aveva sporto denuncia perché non si era accorto della mancanza del documento. Nella conversazione tra me, Futia e Mammoliti era chiaro che tutti eravamo al corrente che l'Avv. Mammoliti avesse dato volontariamente la carta di identità al Mammoliti, lo stesso Mammoliti, da come parlava, dava per assodato questo aspetto e ci diceva che aveva dovuto raccontare una "storia" ai Carabinieri; ricordo anche che io gli dissi che soltanto in quel modo, raccontando quella versione poteva risolvere quella situazione. Non conosco gli sviluppi successivi di questa vicenda" ... ... "Non so dirvi nello specifico se il Mollace Giuseppe trafficasse per suo conto o per conto dei Cordì, di certo posso dire che era legatissimo alla famiglia. Ricordo anche che una villa confiscata ad Antonio Cordì il ragioniere era stata da questi dal padre del Mollace. Insomma c'era una fratellanza tra il Mollace ed i Cordì. Anche quando poi si sono guastati i rapporti tra il Mollace Giuseppe e Domenico Cordì figlio del ragioniere, per via di questioni personali riguardanti una signora di nome Wanda Careri, comunque il Mollace è rimasto in ottimi rapporti con il resto della famiglia Cordì. Non ricordo a quando risale il dissidio tra il Mollace Giuseppe e Cordì Domenico"... "L'Avv. Mammoliti era a conoscenza dello stretto legame tra il Mollace Giuseppe e la famiglia Cordì, peraltro anche l'Avv. Mammoliti frequentava spesso via Calvi, si soffermava spesso con i Dieni, con Luciano Carbonaro, nonché con Domenico Cordì figlio di Cosimo Cordì. Peraltro chi frequentava i Cordì frequentava anche il Mollace che era sempre con loro, ho visto anche l'Avv. Mammoliti molte volte insieme a questi personaggi della famiglia Cordì che ho citato mentre era con loro presente anche il Mollace ...».

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Nel marzo 2013, il loquace Antonio Cataldo, parlando con Carmelo Giuseppe Zappone, fa riferimento allo stato di confusione in cui, a suo parere, versava la criminalità organizzata su Locri ricollegando le affermazioni all'entrata in scena di nuovi personaggi quali, per l'appunto, i legali Giuseppe Mammoliti e Luca Maio (recentemente coinvolto in un'altra inchiesta sulla 'ndrangheta di Locri): «... CATALDO Antonio: Si prendono, e là c'è un "bordello", MAMMOLITI, Pino MAMMOLITI, Luca MAIO, cioè ormai è diventata tutta quanta una rimescolata di tutti personaggi. – PINO: Mi fa schifo, ... incompr. ... sull'onesto mi fa schifo ...». Emergerebbe quindi il legame con la criminalità organizzata e una chiara condotta di favoreggiamento nei riguardi della cosca Cataldo che, esulando dalla normale attività professionale, si concretizzerà nel dispensare "consigli" tendenti a sviare attività di indagine in corso e soprattutto preannunciare la prossima esecuzione di provvedimenti restrittivi a loro carico. Il 10.03.2013 Antonio Cataldo e Salvatore Ursino "Formaggino", discutevano del legame che il legale aveva con le cosche «... CATALDO Antonio: Perché tanto per dire ... io non so ... c'è Pino no? pensi che ... pensi che con qualcuno non ha legami? – URSINO Salvatore: Pino MAMMOLITI ... eh ... Mannaggia a Dio allora non ha legami! ...»20036. In particolare approfondivano il discorso su quella che poteva essere la filiera legale attraverso la quale MAMMOLITI poteva acquisire notizie «... CATALDO Antonio: E quello glieli racconta a Pino ... centra qualcuno degli avvocati penso io ... io non so chi cazzo è questa persona ...»20037 facendo esplicito riferimento, nella parte comprensibile del discorso, ad un soggetto di nome Ottavio – n.m.i. - ed al suo rapporto con i CORDÌ «... CATALDO ANTONIO: ... incompr. ... eh ma questo Ottavio, tanto per essere ... incompr. – URSINO salvatore: ...U CORDI'! ... incompr. ... e ti pare che era la prima volta? ... incompr. ... però ... incompr. ...».

Il 29.06.2013 era il turno di Vincenzo Rodinò. Cataldo gli preannunciava di aver appreso dall'Avv. Pino Mammoliti di un'indagine in corso che sarebbe sfociata in misure restrittive per la questione della "pace" «... Ieri sono passato di là, da "MAMMOLITI"! ... incompr. ... dice questo "PINO MAMMOLITI" ... dice che c'è un'indagine in corso. Per ... incompr. ... con mandati di cattura ... incompr. ... in corso ...Lui mi ha detto "... riguarda la pace!", ... incompr. ...». Il legale gli aveva promesso maggiori dettagli per il mercoledì seguente, giorno in cui si sarebbe recato a Reggio Calabria vantando, evidentemente, delle entrature negli ambienti giudiziari «... Dice che mercoledì ... dice "... se vuoi sapere qualche cosa ... ", dice "... perché mercoledì vado a Reggio!". Si vede, o qualche giudice che glielo dice, perché evidentemente qualche giudice, c'è qualche giudice sotto, qualche magistrato sotto che gli dice queste cose! Perché io non so come cazzo fa a saperlo! ...». La notizia fatta trapelare riguardava in particolar modo l'arresto di Francesco Cataldo U Professore motivo per il quale aveva sconsigliato ad Antonio Cataldo di intrattenere qualsiasi rapporto con il primo «... Dice "... vogliono arrestare ... dice ... a tuo cugino Franco!" ... per questi fatti della pace! E me l'ha detto ieri ... incompr. ...Dice, non ... dice non camminare ... dice "... non camminare, dice, non camminare con tuo cugino!" ...». Quanto appreso, inoltre, generava allarme in Rodinò il quale manifestava preoccupazione di essere passibile di misura cautelare per essere al corrente di vicende attinenti alla pace «... Io faccio una domanda! Per la pace ... uno per esempio se sa qualcosa ... poi ... per la pace gli fanno il mandato di cattura? ...».

Fatti effettivamente oggetto del procedimento "Locri è unita".

In un successivo passaggio della conversazione Rodinò faceva riferimento a delle notizie processuali apprese da Anna – donna non identificata - in ordine ad una attività investigativa ormai conclusasi «... A mi aveva accennato qualche cosa "Anna", quando siamo andati ... incompr. ... può essere che ora mandano a giudizio ...», ma Antonio Cataldo precisava ancora una volta che si trattava di indagini ancora in corso, focalizzate sulla questione della "pace" e che il maggiore indiziato di essere colpito da misura cautelare era il cugino Franco che, effettivamente, aveva preso parte a quel processo in quanto unico esponente privo di misure restrittive «... Ah ... ma no per il processo che parlava MAMMOLITI. Parlava che ci sono indagini in corso per il fatto di pace! ... . Lui mi ha detto a Franco, ieri! Si vede che poi là ognuno hanno i canali suoi, hai capito? Ognuno ha gli interessati suoi, ha gli interessi suoi! lui mi ha detto di Franco! Ma effettivamente Franco era fuori poi ...» non ho saputo niente, e nessuno mi ha detto niente ...». Terminato lo sfogo, Cataldo rivelava anche la filiera informativa (Floccari ed il cugino Francesco Cataldo) che riconduceva all'avvocato Mammoliti quale fonte originaria della notizia «... e che a Renato gliel'ha detto Franco mio cugino, a Franco mio cugino gliel'ha detto MAMMOLITI, e io sono andato là da MAMMOLITI, e MAMMOLITI mi ha detto "sì, ma ..." cioè ma, non mi ha detto, non mi ...». Nei confronti del legale, inoltre, Antonio Cataldo lamentava una certa cautela (che viceversa il legale non aveva adottato verso il cugino Franco U Professore) nel confermare la notizia sugli arresti «... non si è sbilanciato, con me non si è sbilanciato, gli volevo dire "non ti sbilanci con me perché?" ... "coso lordo"! Io me ne "fotto" di te, se, chi c'è o chi non c'è, per me gli volevo dire "per me la galera mia l'ho fatta" ... Me ne fotto di loro, a chi arrestano ...».

Il 13.12.2014 all'interno dell'azienda agricola di Francesco Cataldo U Professore, questi era riunito con il fratello Antonio cl. Papuzzella, Domenico Caruso e Paolo Romeo. Era Antonio Cataldo Papuzzella ad aprire il discorso sull'avvocato che lo vedeva coinvolto «... Ieri sono stato da MAMMOLITI, che il diciotto ha "Overland", Devono venire due testimoni per ... due della polizia, tra cui un ... un certo SETA' di Mammola ...», ma principalmente per preavvisargli della testimonianza di un appartenente alla Polizia di Stato inerente dei contatti telefonici tra lui ed Isidoro Marando, facendo velatamente intendere del pericolo che questi potesse non reggere alle pressioni del carcere e quindi collaborare con la giustizia «... Devono venire due testimoni per ... due della polizia, tra cui un ... un certo SETA' di Mammola, e che viene con una relazione sopra e ... sopra certe telefonate tra me e ISIDORO MARANDO". "Il perché queste telefonate" dice "come quando che è uscito lui e MIMMO e MI ... a lui non l'hanno fatto entrare, non a lui e a MIMMO SAINATO" dice "in questo processo, con le telefonate che avevano ... incompr. ... soltanto che adesso ha una situazione che ISIDORO MARANDO è detenuto e c'erano dicerie che non sopporta tanto la galera" dice "... incompr. ... che viene a dirmelo...». Francesco Cataldo, da parte sua, cercava di stemperare la gravità della situazione processuale che, a detta di MAMMOLITI, stava prendendo corpo nei riguardi del fratello «... Mah, che questo è ... crea, e c'è sto Pino MAMMOLITI che da una cazzata, crea sai cosa? ...»e criticava il comportamento del legale che faceva circolare le notizie inerenti indagini nei suoi confronti sconsigliando, palesemente, agli altri di avere contatti il predetto boss per evitare di essere intercettati «... Ma crea no ... "non andate per lì sotto che Dio che ce ne liberi, che ci sono settecento microspie, no ... vedete che quello lì, non andate per lì fuori che ... non andate per lì fuori che ci sono le telecamere piazzate lì sopra" ....Lo allontano e va a cominciare a mettere tragedie, "eh, il professore, il professore e ... non andate lì dal professore che a breve ve lo arrestano, al professore ...». Contrariamente a quanto affermato nel corso del dialogo, però, Franco Cataldo dava molto adito alle parole del legale. A dimostrazione di ciò soccorrono i contatti intercorsi con il legale in occasione di attività di "bonifica" effettuate nei suoi confronti. A dimostrazione del profondo legame intercorrente tra il legale e l'esponente della cosca mafiosa dei Cataldo gli inquirenti menzionano anche il sentimento di profonda ammirazione che Mammoliti esternava a Franco Il Professore nel corso di una intercettazione ambientale laddove contemplava la figura del defunto boss Giuseppe Cataldo cl. '38 Don Pepè affermando che «... l'apoteosi di Pepè, la prova della sua potenza l'ha data quando si è sposato da latitante con tutti quegli invitati, ... incompr. ...». Sul "promiscuo" rapporto intercorrente tra l'Avv. Mammoliti e Franco Cataldo Il Professore soccorre anche il contenuto di ulteriori conversazioni del 2012 proprio tra Cataldo e Mammoliti. Durante il dialogo quest'ultimo riferiva di volersi recare allo studio per effettuare una ricerca riguardante un provvedimento cautelare spiccato da poco «... Poi vediamo ... . no, no, non ti preoccupare, no, voglio andare, voglio andare allo studio per studiare, devo fare una ricerca per vedere sopra l'ordinanza! ...». In relazione ad essa Franco Cataldo non solo esternava la sua rabbia «... No, no, no, andiamo non si può fare in questa maniera, andiamo non si può fare in questa maniera, no, no, no! No ... ... no Pino! ... . che è una vergogna veramente, è una vergogna veramente non si può fare in questa maniera! ...» ma faceva esplicito riferimento alla necessità di prendere un "provvedimento" «... dobbiamo prendere qualche provvedimento! ...» che l'Avv. Mammoliti riteneva dover essere compiuto in maniera urgente e dovesse essere "consistente" «... Dobbiamo decidere qualcosa, prendiamo, perché adesso, adesso, adesso ci tengono! ... .E ma adesso, adesso li dobbiamo prendere, ma devono essere consistente! No? se si prende un provvedimento, si deve prendere in modo consistente, non così a parole! ...». Dal contenuto dell'intercettazione sarebbe chiaro, quindi, come il legale fosse partecipe e consulente delle attività afferenti la figura di Francesco Cataldo Il Professore. Ad indirizzare il contenuto del dialogo alla persona del P.M. Antonio De Bernardo della DDA ed a sostanziarne il contenuto minaccioso, contribuivano le vicende giudiziarie registrate in quel periodo da Antonio Cataldo Papuzzella e riferibili proprio all'attività svolta dal magistrato a ridosso della data in cui avveniva il dialogo. Antonio Cataldo, infatti, veniva scarcerato il 22.06.2012 a seguito di un prolungato periodo di detenzione che aveva avuto inizio 20.12.2005. Dopo appena un mese di libertà, il 23.07.2012 veniva tratto nuovamente in arresto dal Commissariato di Siderno. In sede di notifica del provvedimento, l'assistente Capo Domenico Sità relazionava sulle frasi proferite dall'arrestato in quanto «... durante l'attesa per la compilazione degli atti il sig. CATALDO Antonio chiedeva allo scrivente ed al proprio parigrado Fazio Luigi chi avesse firmato quell'ordinanza nei suoi confronti. A tale domanda rispondevamo il dottore Antonio DE BERNARDO, a questo punto il Cataldo con atteggiamento arrogante proferiva testuali parole, "A va bè ... . abbiamo capito tutto, non la voglio neanche leggere", e posava il documento sulla scrivania...». A stretto giro, il 09.08.2012, in concomitanza con il provvedimento20071 di liberazione ed emesso nell'ambito di quel procedimento dal Tribunale della Libertà, il P.M. De Bernardo emetteva provvedimento di fermo proprio in quella data e sempre per quel procedimento ed a cui veniva data immediata esecuzione facendo svanire le speranze del boss di ritornare libero. Quindi, i commenti registrati all'interno dell'autovettura monitorata tra Mammoliti e Francesco Cataldo riguardanti l'ordinanza «... MAMMOLITI: voglio andare allo studio per studiare, devo fare una ricerca per vedere sopra l'ordinanza! ... .All'ordinanza che hanno fatto! ...» e l'azione ritorsiva da compiere «... CATALDO Francesco: dobbiamo prendere qualche provvedimento! – MAMMOLITI Giuseppe: Dobbiamo decidere qualcosa, prendiamo, perché adesso, adesso, adesso ci tengono! ...» dovevano ricondursi a quel provvedimento di fermo. La partecipazione dell'avvocato Mammoliti ai propositi ritorsivi della famiglia Cataldo registrava un significativo passaggio dopo due settimane (precisamente il 28.08.2012), data in cui, dialogando per telefono sempre con Francesco Cataldo si comprendeva che il legale aveva avuto un colloquio con Antonio Cataldo Papuzzella «... Era ... . niente gli ho portato ... alcune cose che a lui servivano per dimostrare che c'è l'udienza il venti ...», CATALDO Francesco chiedeva a Mammoliti (che nella circostanza aveva agito da "portavoce" ) cosa avesse deciso di fare il fratello ed in particolare «... Eh ... cosa ha deciso? Di procedere o di fermarci ...». La risposta veicolata all'esterno del carcere da parte del legale consisteva nella decisione da parte di Papuzzella di "procedere" dopo che si fosse espresso sulla sua posizione il Tribunale della Libertà «... procediamo subito dopo il Tribunale della libertà ...».  Ciò in considerazione del fatto che era fiducioso dell'esito positivo del ricorso «... Poi, sulla scorta delle ... degli elementi che abbiamo lui è tranquillo e dice che dovremmo farcela, quindi il problema che se lo spostiamo a dopo non ci cambia nulla, hai capito? Perché abbiamo i capi di successione ...». Tali affermazioni certificavano che il discorso non poteva riferirsi ad una eventuale azione difensiva poiché doveva avvenire «... dopo il Tribunale della libertà ...» (cioè dopo il decorso delle normali vie giudiziarie) ed a conferma di ciò contribuiva la non trascurabile circostanza che Mammoliti rimandava il prosieguo del discorso sulla "celata" attività da compiere ad un discorso de visu tra i due «... Mi dice ... insomma ... va be poi ne parliamo a voce ... poi con calma ...» attesa la diversa posizione assunta da Francesco Cataldo sulla questione «... invece noi, non è così, ciao Pino! ...». Il riferimento al carcere di Reggio da parte dei due colloquianti «... CATALDO Francesco: Tu che fai? Sei andato a Reggio? - MAMMOLITI Giuseppe: E certo che sono andato a Reggio! ...», luogo in cui in quel momento Antonio Cataldo Papuzzella si trovava in stato di restrizione, consegnava la certezza della riconducibilità del dialogo alla sua posizione giudiziaria.

Il 20.03.2013, veniva recapitata al "Palazzo Ce.Dir." - sede degli uffici della locale Direzione Distrettuale Antimafia – una busta recante un'etichetta dattiloscritta riportante la dicitura: «... PER I GIUDICI DE BERNARDO E MOLLACE CEDIR  REGGIO CALABRIA ...». All'interno vi erano contenute una cartuccia inesplosa calibro 5,45 e due scaglie di minerale verosimilmente granito. La missiva veniva intercettata dagli addetti alla vigilanza e consegnata a personale del N.O.R.-Aliquota Operativa della Compagnia Carabinieri di Reggio Calabria che compendiava le immediate attività investigative svolte nella comunicazione. scritta depositata il giorno seguente presso la competente Procura della Repubblica. I due magistrati destinatari della minaccia si identificavano nel Dr. Francesco Mollace, Sostituto Procuratore presso la Procura Generale di Reggio Calabria e nel Dr. Antonio De Bernardo, Sostituto Procuratore presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, entrambi impegnati in un procedimento celebrato proprio contro le cosche di Locri.

Sulla figura di Mammoliti, che all'esito delle indagini risulterà legata "a doppio gancio" ad entrambe le cosche (circostanza questa che concorda sia con la pax mafiosa siglata tra i due casati sia con il ruolo di "mentore" della pacificazione che gli verrà attribuito) hanno rilasciato dichiarazioni anche i collaboratori di giustizia Domenico Novella e Domenico Oppedisano Mentre il primo, nel corso del riconoscimento fotografico, si limitava a riconoscere il sentimento di amicizia che legava Mammoliti ad entrambe le cosche Locresi «... Si tratta dell'Avv. Mammoliti Giuseppe, lo conosco ma non so altro. So che era amico sia dei Cordì che dei Cataldo. Non so di cose "losche" ma era in buoni rapporti con queste famiglie ...», di ben più pregnante portata si rilevavano le dichiarazioni20258 di Domenico Oppedisano il quale riferiva in ordine al ruolo attivo svolto dal professionista nel favorire lo stato di latitanza di Giuseppe Mollace - impegnato nel traffico di stupefacenti per conto della cosca CORDÌ «... Circa l'inserimento della famiglia Cordì nel traffico di sostanze stupefacenti posso dire che un soggetto molto attivo tale Giuseppe Mollace detto Peppe ...» - agevolando la falsificazione della propria carta di identità «... Ricordo, a proposito, che quando il Mollace è stato arrestato in alta Italia, Parma o Modena, ha esibito una carta di identità intestata all'Avv. Mammoliti con la fotografia di Mollace. Mi pare che questo fatto sia avvenuto dopo l'omicidio di mio fratello. Già prima dell'arresto si sapeva che Mollace – già latitante credo per traffico di droga - andava in giro con la Carta di Identità di Mammoliti, questo era noto all'interno della mia famiglia, si diceva che il Mollace potesse viaggiare nei paesi della Comunità Europea perché munito di questa Carta di Identità. Peraltro, il giorno dell'arresto di Mollace o il giorno dopo io e Mammoliti dovevamo pranzare con Cecè Futia a casa sua e in quella occasione l'Avv. Mammoliti ci disse che era stato sentito dai carabinieri ed aveva riferito loro che nei periodi in cui Mollace non era ricercato, frequentando casa sua si era appropriato di questa carta di identità senza che lui se ne accorgesse. Credo che l'Avv. Mammoliti non avesse denunciato lo smarrimento o il furto di questa carta di identità, infatti ci disse che aveva detto ai Carabinieri che non aveva sporto denuncia perché non si era accorto della mancanza del documento. Nella conversazione tra me, Futia e Mammoliti era chiaro che tutti eravamo al corrente che l'Avv. Mammoliti avesse dato volontariamente la carta di identità al Mammoliti, lo stesso Mammoliti, da come parlava, dava per assodato questo aspetto e ci diceva che aveva dovuto raccontare una "storia" ai Carabinieri ...».