“Aemilia”, il legale del pentito Valerio:” Riconoscere attenuanti”

Ad Antonio Valerio, collaboratore di giustizia e autore delle rivelazioni chiave del processo Aemilia contro la 'ndrangheta, vanno riconosciute non solo la "diminuente" prevista per chi decide di aiutare gli inquirenti "nella sua massima estensione", ma anche le attenuanti generiche. Lo chiede oggi nel Tribunale di Reggio Emilia Civita Di Russo, legale del foro di Roma, che ha sostituito il precedente difensore del pentito, Alessandro Falciani, "licenziato" da Valerio stesso. Nel suo intervento, il difensore risponde inoltre indirettamente ai suoi colleghi che assistono gli altri imputati, la cui strategia e' stata a piu' riprese quella di sminuire l'attendibilita' di Valerio e degli altri collaboratori. "Valerio- esordisce Di Russo- ha iniziato a fare il suo percorso collaborativo in un momento successivo a quello degli altri, quando il processo era avviato, ma effettivamente il collaboratore Valerio e' di grandissima importanza. Non si puo' negare il quadro che ha fornito proprio per l'importanza del ruolo da lui ricoperto nell'ambito di quella stessa associazione criminale che lui stesso ha confessato". Inoltre, "lui non si e' fermato solo ed esclusivamente a parlare dei singoli reati che gli sono stati contestati, ma ha fatto dichiarazioni autocassutatorie, eteroaccusatorie, ha parlato dei singoli imputati e delle responsabilita' di ognuno nell'ambito dell'associazione, ha parlato della genesi 'ndranghetistica di questa associazione che oggi e' presente qui sul territorio emiliano. Un'associazione che naturalmente trova la propria forza nella 'ndrangheta calabrese della famiglia di Cutro.

Valerio (non solo in aula ma in centinaia di pagine di verbali, ndr) "parla dei rapporti che vi erano tra i vari esponenti emiliani, di cui lui stesso faceva parte, e parla dei momenti anche di contrasto tra loro: se non potevano essere risolti fra di loro, (gli associati) si rivolgevano in autonomia, cioe' in automatico alla 'ndrangheta di Cutro, cioe' a Grande Aracri che poteva dirimerli". E ancora, sottolinea il legale, "Valerio parla di come era organizzata sul territorio questa associazione, di come veniva applicato il metodo mafioso e di come attraverso l'applicazione di questo metodo venivano commessi di volta in volta i vari reati. Quindi ci da' obiettivamente un grande spaccato di come questa associazione agiva e di come umiliava attraverso il proprio operato le condotte di imprenditori o altri personaggi che invece volevano comportarsi in maniera seria e onesta". La "forza di Valerio, come lui stesso ci racconta, e' che aveva una sorta di statuto speciale nell'ambito dell'associazione cirminale, poteva muoversi in autonomia su tutto il territorio dell'Emilia e questo gli ha consentito di conoscere e raccontare alla Procura, e quindi anche a questo tribunale, tutti i meccanismi che mai si sarebbero potuti conoscere se non ci fosse stata la sua collaborazione". Indubbiamente infatti "la Procura aveva fatto indagini lunghissime ma i collegamenti reali tra tutte le ipotesi investigative sono stati poi resi possibili dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia". Di Russo evidenzia inoltre che Valerio "ha anche aperto sviluppi investigativi diversi, sui quali la Procura sta oggi continuando a lavorare. Quindi ha una portata assolutamente indispensabile nel processo".

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La difesa che i sodali della cosca cutrese di 'ndrangheta radicata a Reggio Emilia attuavano "in modo compatto" per le aziende colpite dalle interdittive antimafia (gridando alla discriminazione degli imprenditori calabresi, ndr) non e' "uno schema replicabile" per la Bianchini costruzioni. In questo caso infatti, "non c'e' stata alcuna difesa della cosca per l'azienda ne' viceversa, perche' i Bianchini si sono sempre difesi sostenendo di non conoscere l'identita' mafiosa dei presunti associati con cui sono entrati in contatto". Lo sostiene Giulio Garuti, legale che nel processo reggiano Aemilia contro la 'ndrangheta, giunto alle battute finali, assiste l'imprenditore modenese Augusto Bianchini imputato di concorso esterno in associazione mafiosa insieme alla moglie Bruna Braga e ai tre figli, accusati in sostanza di fare da prestanome per schivare le interdittive che colpivano le aziende di famiglia. Garuti intende cosi' smontare una specifica tesi accusatoria, che avrebbe visto le imprese di Bianchini funzionali agli interessi della cosca emiliana, collegata alla casa madre di Cutro con a capo la famiglia Grande Aracri. Tirando le somme di quanto affermato nel lungo dibattimento, in corso da quasi tre anni, il difensore afferma poi: "La discussione ha pesantemente incrinato l'impostazione accusatoria relativa alla posizione dei miei assistiti, direi che le ha tolto forza".