Migranti e radicalizzazione, per gli italiani diminuirà in 5 anni

Le dinamiche politiche che si registrano nei paesi Europei, con l'Italia in primissimo piano (vedasi Decreto Salvini, caso Riace, etc.), pongono un nuovo problema: la cosiddetta "doppia radicalizzazione". Con questa locuzione ci si riferisce alla radicalizzazione rilevabile nei comportamenti pubblici delle istituzioni o anche di partiti, movimenti o semplici comunità, o addirittura di singoli cittadini che, indipendentemente dal rischio di terrorismo, esplicitando atteggiamenti xenofobi finiscono per provocare una reazione di pari ampiezza e intensità. E quindi una nuova, più cruenta, più sofisticata e meno "governabile" radicalizzazione. Attivare una discussione su basi scientifiche intorno al tema della radicalizzazione violenta e della sua prevenzione è quindi il primo passo per sviluppare nuovi ed efficaci modelli di integrazione, che limitino sia la radicalizzazione "semplice" sia la doppia radicalizzazione.Ed è proprio questo lo scopo del meeting in programma presso l'Università della Calabria i prossimi 25 e 26 ottobre, nell'ambito del progetto europeo "Practicies - Azioni di prevenzione della radicalizzazione". A guidare il gruppo di ricerca italiano la professoressa Angela Costabile dell'Università della Calabria, che presenta così questo appuntamento: "Il valore di questo progetto di ricerca, ricco di spunti di intervento per tutti gli stakeholder delle politiche di integrazione dell'immigrazione, risiede nelle competenze interdisciplinari - psicologica, sociologica, linguistica, islamologica - messe in campo.

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Fondamentali per offrire risposte analitiche e di intervento alla multidimensionalità del fenomeno della radicalizzazione" Il gruppo si occupa della percezione e dell'esperienza della radicalizzazione violenta in contesti selezionati - scuole, centri di aggregazione giovanile, carceri, moschee - coinvolgendo, con strumenti diversi, insegnanti, operatori, personale di culto, ma soprattutto giovani trai 14 e i 25 anni, di origine migrante. Il meeting di ottobre- continua la Professoressa Costabile- presso l'Università della Calabria costituisce una grande occasione di riflessione sul tema della radicalizzazione e della sua prevenzione. Rifacendoci a quanto già messo in evidenza a livello internazionale e nazionale l'accento è posto su due aspetti: formazione di operatori nei diversi contesti (scolastici, giudiziari,di accoglienza in genere) con lo scopo di prevenire e/ o individuare situazioni a rischio di radicalizzazione e lavorare con i giovani immigrati in contesti scolastici ed extrascolastici per favorire i processi di inclusione e di riconoscimento reciproco interculturale". L'Università della Calabria ospiterà esperti nazionali e internazionali che affronteranno il tema da diverse prospettive disciplinari. Fra gli altri Lorenzo Vidino, Direttore del Programma sull'estremismo alla George Washington University ed esperto internazionale di islamismo. Interverranno anche rappresentanti del Ministero degli Interni spagnolo e del Ministero della Giustizia portoghese. Sarà dedicata una attenzione particolare all'Italia e saranno presentanti i risultati di un sondaggio condotto su 12.000 giovani europei circa le cause della radicalizzazione in termini di credenze, valori ed emozioni; risultati che hanno già avuto un'ampia risonanza sia presso gli uffici di Bruxelles dell'Unione Europea sia presso il Parlamento francese. L'indagine presentata nell'Ateneo calabrese è stata condotta da Kantar, la società di ricerche leader nel mondo del gruppo WPP. Le risposte dei giovani Italiani, in molti casi vicine a quelle dei giovani degli altri paesi europei, se ne differenziano per alcuni aspetti non marginali. Più della metà degli italiani intervistati pensa che il fenomeno della radicalizzazione sia diffuso nel nostro Paese, in misura maggiore a quanto rilevato in altri paesi europei. E ciò nonostante l'Italia non abbia sofferto attentati o episodi sintomatici di una forte radicalizzazione, come invece avvenuto in Francia, Germania, Olanda, Belgio, Spagna e Gran Bretagna. La maggior parte degli italiani pensa che questo fenomeno non diminuirà nei prossimi 5 anni. Il 36% di loro ritiene, infatti, che si diffonderà mentre il 43% ritiene che rimarrà stabile. Riguardo all'esperienza di radicalizzazione, il 29% dei giovani in Italia afferma di conoscere qualcuno che è stato radicalizzato, contro il 23% della media europea. II 21% afferma che l'origine della radicalizzazione risiede in idee religiose di tipo fondamentalista.